Oggi è il 6 febbraio, la giornata mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili.
Ieri, in occasione di questo evento, sono stata ospitata dall'Università degli Studi di Milano-Bicocca, la mia "vecchia" scuola, per un incontro con le studentesse dell'ultimo anno del Corso di Laurea in Ostetricia, per affrontare insieme il tema delle MGF.
La prima cosa - molto professionale - che ho pensato varcando la soglia dell'aula 2 dell'edificio U8, è stata "Minchia, che revival!". Ritornare in università, ma questa volta dall'altra parte, sedendo in cattedra e non sui banchi, devo ammetterlo, è stato strano. Ma bello. Spero di aver trasmesso qualcosa alle studentesse, anche portando loro la mia esperienza da volontaria in Africa e di ostetrica condotta che qui in Italia lavora molto con le donne migranti.
Negli occhi delle mie future colleghe mi è sembrata di scorgere una luce, una fiamma particolare, un'energia cosmica che neanche la preparazione e l'ansia per l'esame più difficile del semestre è in grado di smorzare fino in fondo. E anche se è da poco che ho lasciato l'ambiente universitario da studentessa, guardare nei loro occhi mi ha commossa. Mi hanno ricordato me stessa all'inizio dell'ultimo anno, presa, indaffarata, schizzata e ansiosa, spesso intrattabile e nervosa per via dello stress e dei ritmi a cui l'università mi sottoponeva, ma con dentro una voglia bestiale di iniziare e finire questa benedetta tesi, passare l'Esame di Stato e finalmente mettermi seriamente in gioco in prima linea, con le donne, per le donne.
Come ho detto ieri a tutte loro, io sono positiva: il periodo storico non è dei più favorevoli, le strutture ospedaliere non sono in grado di sostenere assunzioni, i tagli ai progetti e al personale gravano fortemente sulla qualità dell'assistenza, mettendo in crisi insieme le professioniste e le famiglie. Ma sono positiva. La mia Università ha introdotto novità, come le nuove possibilità di tirocinio al di fuori dell'ambito ospedaliero per assaporare l'assistenza sul territorio e a domicilio. E' un buon segno, si sta seminando. E sono certa che le ostetriche giovani, come me, e le future colleghe possano davvero essere un buon terreno fertile per nuovi frutti. Ma abbiamo anche bisogno dello sguardo e delle mani esperte delle colleghe più grandi, le "anziane": abbiamo bisogno che ci sostengano in questo cambiamento, abbiamo bisogno di essere unite, tutte, in una grande sorellanza di donne ostetriche.
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